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La «questione morale» in Italia va vista in controluce dal segreto dell’urna

La vignetta di Pillinini sulla prima pagina de "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 19/3/2015 [1]

La vignetta di Pillinini sulla prima pagina de “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 19/3/2015

La «questione morale» in Italia è una questione sempre aperta. Ma chiuderla una volta per tutte non dipende dalle classi politiche e dai grandi burocrati che ad esse fanno riferimento – come dai talk show televisivi si affannano a sostenere, sempre urlando, i soliti noti «invitati» (politici ed esperti che ormai vanno a un tanto a «gettone») –, ma dal cosiddetto popolo-elettore. Che per paura nel segreto dell’urna, sin dall’immediato dopoguerra, ha sempre sostenuto e votato il peggio della politica italiana per non far vincere il «meno peggio». Dapprima la Democrazia cristiana che tutto incamerava e digeriva, poi il Psi craxiano inverosimilmente rampante e per questo dagli appetiti ultra voraci, quindi il partito dello «scendere in campo» per difendere in prima persona i propri interessi aziendali e di casta.
Nelle ultime elezioni politiche si è forse persa la più grande occasione per mettere in soffitta una volta per tutte questo modo di intendere la gestione della cosa pubblica, che si è sempre rifatta a questa formula: prendere dalle casse dello Stato e dalle amministrazioni pubbliche fondi e stanziamenti, togliendoli indirettamente ai più poveri per consegnarli ai più furbi, che sempre più così diventano più ricchi.
Non avere nelle ultime elezioni «capito» cosa avessero davvero voluto indicare gli elettori, non facendo pilatescamente vincere nessuno dei tre maggiori schieramenti (centrodestra, centrosinistra e partito grillino), ma nello stesso tempo facendo vincere e perdere tutti e tre, è stato esiziale per una «questione morale» che non vuole essere posta dal ceto politico al centro del dibattito parlamentare. E aver poi detto sempre «no» a qualsiasi intesa da parte del movimento dei cinque stelle con «quelli» del Pd, è stata in sostanza l’ultima occasione persa per far prevalere un modo diverso di gestire la cosa pubblica, portando quasi naturalmente – per salvare la legislatura – il centrosinistra tra le grandi e accoglienti braccia del centrodestra, o almeno in una parte di essa. E, allora, di cosa stiamo ora a parlare e a lamentarci?

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