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SPECIALE NUMERO ZERO DE "IL NUOVO PAESE" - La recensione di Antonella Zigrino

«Noi ragazzi del ’78 e il ricordo di un’estate italiana», un libro per scoprire le ragioni più vere degli anni di piombo Tra racconto inchiesta e memoriale

La copertina di NOI RAGAZZI DEL '78

La copertina di NOI RAGAZZI DEL ’78

Il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse è stato – come si sa – un avvenimento che ha segnato profondamente la coscienza collettiva di un popolo.
Perché questo evento ha smosso gli animi di un’intera comunità sconvolgendola profondamente?
È l’interrogativo di fondo al quale si cerca di rispondere nel nuovo libro di Francesco Caroli, Noi ragazzi del ’78 e il ricordo di un’estate italiana, edito da Schena.
Il sequestro del presidente della Democrazia cristiana, seguito all’attentato del 16 marzo 1978 in via Fani, a Roma,  costò la vita ai cinque uomini della scorta. E veniva messo in atto in un momento decisivo del quadro politico italiano. In quello stesso giorno si doveva votare infatti la fiducia al quarto governo Andreotti, sostenuto per la prima volta dal Pci di Berlinguer. Un fatto di portata internazionale, che sconvolgeva non solo il quadro storico-politico dell’Italia ma anche quello dei paesi che facevano parte del Patto Atlantico.
I cinquantacinque giorni del rapimento-Moro sono una delle pagine più oscure della recente storia italiana, e chiudono come un sigillo i cosiddetti anni di piombo, espressione tratta dall’omonimo film di Margarethe von Trotta del 1981, che racconta l’analoga esperienza terroristica vissuta in Germania Ovest, dove, il piombo delle pallottole nella lotta armata perpetrata da gruppi organizzati tesi all’instaurazione della strategia della tensione, crea nell’opinione pubblica un clima violento, materializzatosi attraverso atti terroristici in sequenza. Il “piombo” dunque come metafora di un’atmosfera insopportabilmente gravosa, asfissiante perché carica di angoscia e terrore.
Gli anni di piombo vengono raccontati nel libro di Caroli attraverso la sorprendente commistione con la propria storia personale. Un lavoro piuttosto arduo, definito dallo stesso autore come “racconto-inchiesta-memoriale”.
Noi ragazzi del ’78 e il ricordo di un’estate italiana chiude la trilogia de Nel nostro anno, che dà il titolo al primo volume (Schena 2010), comprendente i primi due “libri”: Il volo della rondine e  1950.
Il lavoro si dipana in cinque momenti: i primi quattro rappresentano la parte romanzata, l’ultimo quello storico e d’inchiesta, suddiviso a sua volta in tre parti.
Il prologo apre l’opera attraverso una ricostruzione della modalità con la quale viene data al protagonista della storia la tragica notizia della strage in via Fani e del rapimento di Aldo Moro, che assurge così emblematicamente a rappresentante di un intero popolo che nello stesso momento prende coscienza di quanto sta accadendo. Questa parte si chiude con un’inaspettata  rivelazione.
Seguono le due corpose parti centrali, che costituiscono il  cuore narrativo dell’opera. Una prima e una seconda parte che abbinano le vicende personali del protagonista, allora ventenne (alter ego dell’autore), e si districano tra amori e amicizie, sullo sfondo della vita universitaria nella capitale, ed eventi storici di portata nazionale e internazionale, come ad esempio nel 1969 il tragico attentato a Milano alla Banca Nazionale dell’Agricoltura e il memorabile traguardo storico dello sbarco dell’Apollo 11 sulla Luna.
Un excursus di ricordi che affiorano, ricordi legati a miti, canzoni, tormentoni degli anni Settanta,  in un’atmosfera piacevolmente nostalgica che a tratti riesce a strappare sorrisi al lettore. Gli autentici scambi epistolari, testimoni degli amori giovanili, sono parte integrante di questa sezione quasi del tutto autobiografica.
Ci si avvia alla conclusione con l’epilogo. Un avvilito resoconto di cronaca e politica dell’allora odierno 2009. L’autore passa in rassegna diverse testate giornalistiche esaminandone le notizie. Il ”Caso Marrazzo”, l’ingarbugliata politica italiana e la sua inefficienza, le prime avvisaglie di un Paese in recessione.
E infine l’appendice: Se ci fosse luce.
Una parte dal titolo importante, che evoca l’ultima toccante lettera di addio che Aldo Moro scrive a sua moglie Noretta durante la prigionia.
Qui il tentativo di incastrare i pezzi e dare risposta a domande incombenti.
Una vicenda quella di via Fani, che emblematicamente coincide con la premessa del passaggio ad un’altra epoca politica: come sarebbe stata l’Italia senza quel maledetto 16 marzo 1978? Quali i risultati dei risvolti politici programmati e non attuati? Un agguato senza precedenti nella storia del terrorismo italiano per l’efficiente organizzazione militare, che distrugge le certezze più vere e autentiche di ciascuno, tutti uniti in un solo sentire.
L’autore, alcune estati prima dell’attentato, ha personalmente conosciuto Franco Zizzi, uno degli uomini della scorta di Aldo Moro.
Per Franco Zizzi (al quale viene dedicato il libro, insieme a tutte le vittime innocenti delle stragi in Italia) era quello il primo giorno di servizio alla scorta del presidente della Dc. Un giovane meridionale che inizia a costruire il proprio futuro partendo da un posto di lavoro. Una scelta coraggiosa, quella di entrare a far parte delle forze dell’ordine in un momento così difficile per il Paese. In queste pagine viene riportata l’intera e toccante intervista ad Adriana Zizzi, sorella di Franco, tratta da una puntata della trasmissione televisiva La storia siamo noi. Impossibile esprimere il dolore per la perdita di un fratello. Tanti interrogativi e stranezze gravano sulla vicenda intrinsecamente legata a meccanismi politici di respiro internazionale.
 Si prosegue con la presentazione della cittadina di Fasano (paese natale di Franco Zizzi). Il territorio, le antichissime origini, la storia sino ad arrivare alla triste pagina del contrabbando e all’Operazione Primavera.
L’appendice si conclude con l’intervista allo storico pugliese Nicola Colonna. Un’intervista preziosa, l’ennesimo tentativo di fare luce sull’intricato caso di Aldo Moro.
Frutto di un intenso lavoro, questo racconto-inchiesta-memoriale risulta articolato e pienamente esauriente in ogni sua parte, nulla è lasciato al caso.
Epistole, interviste, testimonianze, registrazione minuziosa dei fatti, l’opera non è facilmente definibile per la varietà degli elementi che la compongono. Una lettura impegnativa ma sempre accattivante, coadiuvata da un linguaggio chiaro ed essenziale, che segue un percorso crescente come in una sinfonia: dalla storia individuale si passa man mano alla storia collettiva, e viceversa, fino a toccare interessi d’oltreoceano.

ANTONELLA ZIGRINO
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