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ALCHIMIA & DINTORNI

Come liberarsi dalla sofferenza con “l’arte di morire vivendo” di Vimala Takar

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di Aleister

L'arte di morire vivendoVIMALA THAKAR nasce in India nel 1923 e muore nel 2009. Manifesta sin da piccola un grande interesse per la spiritualità, assecondata in ciò anche dalla famiglia. Il padre, però, le fa promettere, ancor giovanissima, che non accetterà mai la dipendenza dall’autorità di un maestro, presente o passato, condividendone acriticamente le idee, ma che si affiderà sempre alla propria comprensione interiore, la strada migliore per una crescita spirituale vera. Studia filosofia orientale e occidentale in un’epoca in cui studiare era assolutamente eccezionale (e anche riprovevole) per una donna in India; completa, poi, gli studi universitari in Inghilterra. Da sempre rivoluzionaria a livello spirituale e politico, dato che per lei l’attivismo sociale è in ogni caso espressione di ricerca spirituale, partecipa attivamente al Movimento del dono della terra, un movimento di ispirazione gandhiana che ha come obiettivo la redistribuzione delle terre a vantaggio delle classi più umili. Incontra, quindi, Jiddu Krishnamurti, il maestro che imprime una profonda svolta al suo pensiero e alla sua crescita interiore; è da questo momento, infatti, che la sua ricerca la porta ad abbracciare quella vita “senza scopo e senza direzione” da cui si sentiva attratta fin dall’infanzia. Diventa per lei chiaro che la radice di ogni sofferenza è da ricercarsi nei meccanismi della mente, e che solo la libertà interiore che riusciamo a conquistarci ha un reale impatto sul sociale. Di conseguenza si impegna a viaggiare in giro per il mondo, in un’intensa attività di conferenze e seminari sulla meditazione, attraverso i quali comunica la sua esperienza e la sua visione della vita, dedicando una particolare attenzione alla natura del cambiamento interiore, per lei legato a una ricerca reale, libera da ogni dogma o autorità costituita. Si reca, soprattutto, di villaggio in villaggio a parlare con la gente dei problemi locali, fondando centri in cui istruire gli abitanti sulle industrie agroalimentari, la sanità, l’autogoverno locale e la cittadinanza democratica attiva, cercando, così, di diffondere il suo messaggio di rivoluzione non violenta. Nel 1991 interrompe definitivamente i suoi viaggi al di fuori dell’India e si stabilisce sul Monte Abu, nel Rajasthan, in una casa che le è stata donata da un suo discepolo, dove continua, sino alla fine della sua vita, a condurre gruppi di ricerca e campi di meditazione con persone provenienti da tutto il mondo e di tutte le estrazioni sociali. Lei, in ogni caso ci ha sempre tenuto a precisare che si considerava un insegnante, non un maestro.

Vimala Thakar (immagini web)

Vimala Thakar (immagini web)

L’Arte di morire vivendo è una raccolta dei discorsi che Vimala ha tenuto nel novembre del 1994, nei pressi del Monte Abu, in occasione della Festa dell’amicizia. È un libro difficile fin dal titolo, in quanto affronta il tema della morte, una delle più grandi paure di ogni tempo ma particolarmente avvertita nel nostro. Solo quando l’essere umano lascia morire l’eredità del passato, quell’insieme di cognizioni stereotipate, timori legittimati, convenzioni istituzionalizzate, diviene un essere integro, libero, in grado di godere pienamente della bellezza della vita.
La civiltà è un fattore complesso, la cultura umana racchiude tante conquiste, ma anche tante catene. Il passato è una responsabilità, occorre imparare ad apprezzare il bello senza lasciarsi condizionare, senza diventare dipendenti dalle vicende della nostra storia personale o di quella collettiva.
Anche ciò che noi chiamiamo mente è un condizionamento. Molte volte la memoria, invece che portare il valore aggiunto dell’esperienza, danneggia i rapporti psicologici, crea squilibri tra ciò che è oggettivo e ciò che viene percepito, perché non viene utilizzata con consapevolezza. Quante volte ci capita di vedere le stesse dinamiche ripetersi continuamente nella nostra vita, senza che noi riusciamo a interromperle? Come se, invece di affidarci all’ispirazione, che è innata di ogni individuo, ci rifugiassimo sempre in schemi vecchi e reiterati.
L’Arte di morire vivendo ci insegna come morire rispetto a questi schemi. Insegna la morte raccontando la vita, che è un movimento incessante, un cambiamento continuo, un fiume che scorre sempre senza fermarsi mai fino alla morte.

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