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SPECIALE NUMERO ZERO DE "IL NUOVO PAESE" - Via Fani: 37 anni dopo

La memoria dimezzata: da via Fani a Largo Francesco Zizzi, Fasano come l’Italia. Una storia lunga 300 anni

Il centro cittadino di Fasano di notte con le le luci basse (immagine internet)
Il centro cittadino di Fasano di notte

Il centro cittadino di Fasano di notte

Francesco Zizzi

Francesco Zizzi

Ai fasanesi non tanto piace il mare. Lo sfruttano, ma non è che gli piace poi molto. Forse perché ne hanno un po’ paura, anche se riescono a dominarla questa paura. La loro è una paura atavica, che affonda nella loro storia, quasi millenaria.
Dal mare il 2 giugno del 1678 arrivarono i turchi. E li dovettero ricacciare con le armi. Morirono – a quanto pare – sette fasanesi. Ma, di generazione in generazione, si narra «che i turchi morti furono ventuno, e vennero sepolti nell’orto dell’Abate Lonardo, teatro della battaglia, che da allora in poi si chiamò orto della patria».
Trecento anni dopo, il 16 marzo 1978, un altro figlio della Città di Fasano perse la vita difendendo la sua Patria più grande: l’Italia.
Giungiamo a Fasano, in provincia di Brindisi, mercoledì 1 giugno 2011, in una tiepida mattina di primavera: 33 anni dopo la strage di Via Fani, a Roma. Ci mettiamo alla ricerca della via dedicata alla memoria di Francesco Zizzi, poliziotto e uomo della scorta di Aldo Moro in via Fani. Sappiamo che c’è.
Il nostro è come un pellegrinaggio.
Non sappiamo poi molto di questa strada intitolata a questo ragazzo del ‘78. Non sappiamo quasi niente di Francesco Zizzi. Sappiamo poco di Fasano.
Dalla Statale dei Trulli prendiamo lo svincolo che ci porta in città. Ci fermiamo. Non sappiamo dove andare. Entriamo in un’edicola. Dopo aver acquistato i giornali, chiediamo dove sia Via Francesco Zizzi. Non lo sanno. Ci dicono di rivolgerci alla vicina farmacia. Ma essa è strapiena di gente. Di fronte, vicino a un bar, è parcheggiata un’auto. Vi sono appoggiati tre uomini che chiacchierano. Ci avviciniamo: «Scusate, sapete dove sia Via Francesco Zizzi?».
I tre si guardano, in modo interrogativo. Un modo di fare di chi non sa. O di chi è imbarazzato. Alzano le spalle… Uno fa: «L’ho sentita nominare… Non mi è nuova».
Un altro: «Sì, Francesco Zizzi… quel ragazzo morto con Moro. Prendi la cartina dall’auto», dice abbassando la testa pensieroso. L’amico va nell’auto. Apre il cruscotto e preleva la mappa della città. La consulta. «Ecco, deve andare a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra, e così via…».
Arrivati al così via ci blocchiamo di nuovo.
Fermiamo un passante piuttosto avanti con gli anni. Dovrebbe sapere. E infatti: «Sì, prima era qui vicino. Ora l’hanno spostata perché quella piazza l’hanno dedicata a Moro. Vada sempre dritto, poi a destra, a sinistra… Da quelle parti si trova la piazzetta dedicata a Francesco Zizzi».
Ci avviciniamo sempre più al luogo cercato. Ma non riusciamo a individuarlo. Siamo ormai in periferia. In un bar ci sono giovani seduti a dei tavolini all’aperto. Ci rivolgiamo direttamente al proprietario del bar. Non sa. Chiede a un suo dipendente nel retrobottega. Nemmeno lui sa.
«Forse è lì in fondo… quella è l’ultima piazzetta», ci dice il barista sperando di liquidarci così. Ci dirigiamo a piedi nel luogo indicato. Ma l’indicazione è sbagliata… Ci viene in quel momento incontro una giovane signora con le borse della spesa in mano. La fermiamo e chiediamo ancora informazioni sulla strada. Ci dice indicando col dito: «Largo Zizzi è lì, a cinquanta metri. Si trova lungo la strada».
Il luogo cercato è praticamente alle spalle del bar di prima.
Ci arriviamo con l’auto, che parcheggiamo al lato della strada. Di fronte alla stessa strada, una piccola piazza. Al centro, accerchiato da un muretto a secco, un albero di pino e delle alte piante di fiori, non particolarmente curate. E poi individuiamo subito una targa: «Largo Franco Zizzi. Caduto in via Fani. Roma, 16 marzo 1978».
Ci sembra questo un luogo quasi surreale, abbandonato a se stesso e non molto frequentato. Pochi passanti, qualche auto che sfreccia in direzione del centro cittadino.
Nella piazzetta, alle spalle della targa, vi è una piccola edicola-libreria. Entriamo per chiedere spiegazioni. Una ragazza ci informa: «La piazza c’è sempre stata. Ma si chiamava con un altro nome. Due anni fa è stata intitolata a Franco Zizzi. Ma così si chiama solo la piazzetta. La strada che passa affianco si chiama invece via del Calvario».
… Restiamo in silenzio.
Ritorniamo in auto. Sono tanti gli interrogativi che affiorano. Decidiamo di darci delle risposte.
Non sappiamo come cominciare questa specie di indagine a posteriori. Forse con un breve excursus storico di questa piccola città del Brindisino? Ci sembra il caso. Anche se la nostra non vuole essere una esaustiva ricerca storica a hoc, ma solo il tentativo di offrire a chi legge un quadro abbastanza completo delle vicende passate e recenti di questa città pugliese, assunta qui come esempio di una generale evoluzione storica del nostro Paese. L’assunto da dimostrare è perciò: Fasano come l’Italia. (…)

FRANCESCO CAROLI

Questo qui sopra è l’incipit di Da via Fani a Largo Francesco Zizzi, il secondo dei tre capitoli che costituiscono l’appendice posta al termine del libro Noi ragazzi del ’78 e il ricordo di un’estate italiana di Francesco Caroli (Schena, 2014).

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