Print This Post Print This Post

SPECIALE NUMERO ZERO DE "IL NUOVO PAESE" - E dalla Rai va in scena il duetto tra Ruggero Orlando e Tito Stagno: "Qui Roma, a voi Houston!"

Quando nella notte del 20 luglio 1969 l’uomo pose per la prima volta piede sulla luna

21 luglio 1969: l'uomo è per la prima volta sulla Luna. Nella foto, Aldrin che calpesta il suolo lunare con Armstrong riflesso nel proprio casco.
21 luglio 1969: l'uomo è per la prima volta sulla Luna. Nella foto, Aldrin che calpesta il suolo lunare con Armstrong riflesso nel proprio casco.

21 luglio 1969: l’uomo è per la prima volta sulla Luna. Nella foto, Aldrin che calpesta il suolo lunare con Armstrong riflesso nel proprio casco.

Questo che segue è un breve brano tratto dal capitolo La notte in cui l’uomo sbarcò sulla luna, posta nella prima parte del libro Noi ragazzi del ’78 e il ricordo di un’estate italiana di Francesco Caroli (Schena, 2014).

(…) Vagava da solo in quella discoteca sul mare, coprendo il tragitto tra l’orchestrina e un ballo rubato a qualche ragazza. Stanco di quella situazione, si avvicinò al bar per ordinare una bibita. Una piccola folla, attenta e silenziosa, si accalcava di lato. Da un televisore posto sul bancone, le immagini in bianco e nero della diretta raccontavano come il modulo lunare “Eagle” si fosse separato dal “Columbia”. La voce inconfondibile di Tito Stagno e, da Houston, quella ancora più caratteristica di Ruggero Orlando, illustravano fase per fase tutta quanta l’operazione di allunaggio.
Dei tre astronauti, Collins era rimasto a bordo del Columbia, mentre Armstrong e Aldrin si apprestavano a scendere sulla superficie lunare con l’Eagle. Si avvicinò per capire cosa mostrassero le immagini in tv. Nello studio della Rai si stavano commentando le ultime fasi dello sbarco dell’uomo sulla Luna.
«Cinque piedi e mezzo… Due metri… Ha toccato! Ha toccato il suolo lunare!», esplode all’improvviso la voce di Tito Stagno, che comincia a battere sollevato le mani. Applaude anche il pubblico in sala, entusiasta.
Dopo qualche secondo, dall’altra parte dell’Oceano, Ruggero Orlando afferma alquanto piccato: «No, non ha toccato!». Stagno, imbarazzato, dallo studio Rai tenta di coprire quello che dice il collega da Houston. «Signori, sono le 22 e 17 in Italia – sono le 15 e 17 a Houston – sono le 14 e 17 a New York. Per la prima volta un veicolo pilotato dall’uomo ha toccato un altro corpo celeste! Questo è il frutto dell’intelligenza, del lavoro, della preparazione scientifica. È il frutto della fede dell’uomo… A voi Houston».
La voce quasi rauca di Ruggero Orlando gracchia nell’audio: «Qui ci pare che manchino ancora dieci metri…». Dalla sala stracolma monta improvvisa una risata, un po’ irridente per l’anziano corrispondente dall’America. «Ha… la…», cerca di inserirsi di nuovo da Houston Orlando, imbarazzato. «No, Ruggero», e Tito Stagno scrolla indispettito il capo. «No Ruggero, no Ruggero…». «Ecco. Sto aspettando…». «No, Ruggero. Se abbiamo ascoltato bene le comunicazioni sino a adesso… Da due metri non si può passare a dieci metri. Fermare i motori non significa… semmai…». E il telecronista – in studio – non sa più cosa dire per salvare la situazione che si va facendo di momento in momento sempre più insostenibile.
«Ha toccato in questo momento!», sbotta quasi gridando Ruggero Orlando. E con tono quasi liberatorio sottolinea: «In questo momento, ha toccato!».
Tito Stagno, sollevato, comincia ad applaudire forte, a piene mani, seguito subito dall’applauso del pubblico: «Hanno fermato i motori in questo momento!». È il suo tentativo di salvare la trasmissione senza farla cadere nel ridicolo. «Un errore comprensibile perché… Cioè praticamente… è un errore comprensibile. Era effettivamente atterrato quando io vi ho detto, cioè alle 22 e 17 precise. Ma, il motore, così come si fa con un elicottero, è stato spento un pochino più tardi. Confermiamo: l’uomo è atterrato sulla luna! A te, Orlando, per i commenti e le reazioni da Houston».
«Sai, quella piccola differenza», e la voce di Ruggero Orlando giunge frammentata e sempre più imbarazzata, «quei pochi secondi di differenza nell’allunaggio… probabilmente era per dare il tempo agli astronauti… che avevano toccato il suolo lunare con dei fili, che prolungano le gambe… perché tutto fosse a posto».
La gente, contenta, si allontana lentamente dalla Tv per tornarsene in pista a ballare. Guardò il suo orologio da polso. Le lancette segnavano quasi le 22 e 30 del 20 luglio 1969. L’uomo era sceso sulla Luna, ma tutto sembrava – lì sulla terra – uguale come prima. La vita scorreva come sempre. La gente non sembrava particolarmente entusiasta.

FRANCESCO CAROLI
Stampa

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.

*