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ILNUOVOPAESE.IT del18/24 gennaio 2024, Numero 3 - IN COPERTINA

A scuola oggi: tra innovazione e tecnologia, tra sfide vecchie e nuove. La didattica in Italia dopo gli anni della pandemia

Alunni in classe con il loro insegnante (immagine internet)

di VALERIA MELI

L’8 gennaio per sette milioni di studenti d’Italia è suonata la campanella. Si rientra in classe dopo due settimane di vacanza con un zaino pieno di libri e di buoni propositi per l’anno nuovo.

Alunni in classe con il loro insegnante (immagine internet)

Alunni in classe con il loro insegnante (immagine internet)

Ma com’è cambiata la scuola dopo la pandemia e la messa in campo delle azioni previste dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza?
Dimenticate le lavagne in ardesia, i gessetti colorati e le vecchie carte geografiche sgualcite.  I due miliardi investiti nell’acquisto di strumenti digitali hanno radicalmente cambiato il volto delle aule.
Così Pc, tablet, lavagne interattive multimediali, internet e registro elettronico sono ormai gli strumenti più utilizzati da milioni di alunni e docenti nelle nostre aule.
Dinamismo, velocità, multimedialità sono alcune delle parole chiave della scuola moderna.  Con la Lim (lavagna elettronica), per esempio, è possibile proiettare contenuti digitali e interagire con essi rendendo le lezioni più coinvolgenti e aumentando la partecipazione anche dei ragazzi con svantaggi o problemi di apprendimento. La didattica tradizionale si arricchisce di contenuti più attraenti: video, immagini, musica.
Una grande rivoluzione, se si considera che la scuola italiana è stata caratterizzata per molto tempo dalla cosiddetta lezione frontale.
Una rivoluzione generata da una pandemia, certo, ma pur sempre una rivoluzione.
E se dal punto di vista didattico le cose, nonostante alcuni considerevoli ritardi, sembrano andare per il meglio, lo stesso non si può dire per le strutture scolastiche spesso abbastanza fatiscenti.
Così, può accadere che in alcune scuole del Nord Italia alcuni sofisticatissimi device acquistati con i finanziamenti del PNRR siano già stati dismessi prima ancora di aver cominciato a funzionare, perché l’acqua piovana delle recenti alluvioni ha trovato un gentile lasciapassare nei tetti non più isolati, allagando dispositivi nuovi di zecca.
Che le scuole italiane siano troppo vecchie non è certo un mistero. Nel 2021 secondo quanto riferito da Legambiente nella XXII edizione di Ecosistema Scuola, il 30,6 per cento delle scuole necessitava ancora di interventi straordinari. E le cose non sono migliorate da allora.
Siamo sicuri, allora, che la priorità sia l’investimento digitale? Non sarebbe il caso di ripensare seriamente le strutture scolastiche in termini di sicurezza e di sostenibilità?
E ancora: siamo certi che il digitale possa agevolare l’apprendimento?
È del settembre 2023 la notizia dell’inversione di marcia attuata dalla Svezia, nei confronti del digitale, con i tablet vietati nelle scuole fino ai sei anni di età.
La nazione, da sempre all’avanguardia per l’uso dell’informatica, dopo aver analizzato i risultati di uno studio internazionale in cui si evidenziava che la capacità di lettura degli studenti svedesi fra i nove e i dieci anni si è abbassata di 11 punti in 5 anni, ha deciso di fare un passo indietro sull’uso dei dispositivi mobili in tutte le classi a partire dalla scuola materna.
E se non bastasse anche l’Unesco nel 2023 ha lanciato un “appello urgente per un uso appropriato della tecnologia nell’istruzione”, avvertendo che essa deve essere utilizzata con lo scopo di assicurare un’istruzione di qualità per tutti, che sia incentrata sugli esseri umani.
Insomma la sfida del digitale (e non solo) è ancora tutta da giocare.

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